Dai “Discorsi” di san Fulgenzio di Ruspe, vescovo
Ricordiamo, fratelli, le parole del Signore: <Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano> (Lc 6,27). Ecco, il Signore ci ordina di estendere la nostra carità perfino ai nemici e di aprire il nostro cuore di cristiani anche a coloro che vi perseguitano.
Quelli, infatti, che ameranno i loro nemici e faranno del bene a coloro che li odiano, saranno figli di Dio. Ciò che poi riceveranno questi figli di Dio, ce lo dice l’Apostolo: <Lo Spirito stesso attesta al nostro spirité che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio e coeredi di Cristo> (Rm 8,16-17).
Per possedere l’eredità del Padre è indispensabile che siate larghi della vostra carità, non solo con gli amici, ma anche coi nemici. Non rifiutate a nessuno la carità che è un bene comune, non terreno ma celeste, elargito indistintamente a tutti gli uomini. Esercitatela tutti, e per farlo più pienamente, estendetela sia ai buoni che ai cattivi. La carità è un dono di Dio. L’avidità invece è un laccio del diavolo; e non solo un laccio, ma anche una spada, perché dopo aver catturato, uccide. La carità è la radice di tutti i beni, <l’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali> (1Tm 6,10).
L’avidità si tormenta continuamente perché non è mai sazia di quello che riesce ad avere. La carità invece è sempre lieta, perché più ha, più dà. E mentre l’avaro più accumula e più impoverisce, chi è generoso, più dà e più si sente ricco. L’avidità cerca sempre di vendicare i torti ricevuti e si agita; la gioia del perdono distende la carità nella pace.